Biodiversità a strisce
di Cristina Micheloni
Clima imprevedibile, attività biologica e fertilità del suolo in declino, patogeni e parassiti che diventano sempre più difficili da contenere, malerbe (vecchie e nuove) che dilagano nei sistemi agricoli semplificati e resistono agli erbicidi, necessità di ridurre l’uso di mezzi chimici, siano essi fertilizzanti, insetticidi, fungicidi o erbicidi. Dimenticavo: ed allo stesso tempo prezzi sempre più bassi dei prodotti agricoli trattati come “commodity”.
Scenario in cui serve una buona dose di acume, supportato da tanta conoscenza. Una delle chiavi è giocare con le stesse carte della natura, ovvero diversificare, usare la biodiversità all’interno dei sistemi agricoli a vantaggio della loro stabilità e per mantenere la possibilità di produrre in futuro.
Un sistema che sta prendendo piede tra le aziende biologiche di grandi dimensioni, che in questo prendono spunto da quello delle piccole aziende, è la coltivazione a strisce (strip cropping).
In estrema sintesi si tratta di seminare colture diverse alternando strisce dell’ampiezza di 4-12 m dell’una e dell’altra. Ci vuole però, appunto, un bel po’ di conoscenza per decidere le distanze e anche le specie da appaiare.
Sulle distanze: l’effetto di controllo su patogeni e parassiti è maggiore con strisce più strette, ma si mantiene efficace, in linea generale, fino a 12 m. Ovvio che bisogna fare i conti anche con le proprie attrezzature e definire le misure di conseguenza in modo da non “perdere tempo” nelle manovre.
Sulla scelta delle specie: tra le orticole cipolla ed aglio sono perfette se alternate con carota o crucifere. Pensando ai seminativi: orzo e frumento ben si alternano alla barbabietola o al pisello proteico. Ciò facilita anche la rotazione, che in questo caso si può implementare alternando, anno dopo anno, le colture sulle strisce. Ovvio che se “tengo memoria” dell’ubicazione delle strisce e delle colture seminate negli anni, ad esempio tramite GPS e computer che ormai sono presenti su molti trattori, posso essere ancor più efficace anche nella riduzione delle lavorazioni del suolo.
Insomma tanti piccioni da prendere con la fava (a proposito di biodiversità) della diversificazione.