La qualità dal punto di vista dei microbi
di Cristina Micheloni
Dopo gli stravizi di fine anno faremmo bene a guardare come stanno anche gli organismi che vivono al nostro interno, soprattutto quelli che albergano nel nostro intestino. Quello del microbioma e microbiota intestinale è un tema di gran moda, di cui molto si parla ma di cui poi poco si tiene conto nell’agire, ovvero nel mangiare e nel coltivare. Un recente seminario sull’innovazione in agricoltura biologica mi da però l’occasione di collegare, in modo costruttivo spero, ciò che piace al nostro microbiota con una definizione ulteriore della qualità del cibo, che non è solo mancanza di inquinanti o una percentuale in più o in meno di proteina o grassi (siano essi omega 3, 6 o quello che vi piace di più). L’università di Graz è andata a guardare quali microrganismi vivono sulle e dentro le mele bio rispetto a quelle convenzionali, trovando una evidente differenza nella diversità delle specie presenti (circa 40% dei batteri sono diversi) e constatando che nelle mele bio vi è una maggiore diversità di specie.
Lo studio ha poi analizzato le uve bio rispetto a quelle convenzionali, così come le differenze tra varietà e possibile impatto nella selezione varietale, in questo caso delle zucche, ma il discorso si può estendere a tutte le colture.
Ebbene, la diversità è sinonimo di capacità di far fronte ai cambiamenti ed anche agli attacchi di patogeni ed è quindi un elemento della qualità. Qualità ambientale prima, ma che se l’ambiente è il nostro intestino diventa qualità nutrizionale.
Mangiare biodiversità, in tutti i sensi, è il miglior modo per preservarla e fare del bene al pianeta e a noi stessi.
Ecco qui la presentazione: https://tporganics.eu/…/12/oid2019-microbiome-wassermann.pdf