Anche l’ortica torna buona nell’agricoltura intelligente
di Cristina Micheloni
Nel 2022 l’alimentazione degli animali allevati in sistemi bio dovrà basarsi al 100% su materie prime biologiche. Attualmente c’è un 5% di possibilità di utilizzo di materie prime convenzionali (purchè non OGM e non trattate con prodotti non ammessi, quindi, ad esempio la farina di soia, che è estratta con solventi, è già vietata). Con tale 5% di solito si apportano proteine, che sono la parte un po’ più complessa e più “cara” della razione dei monogastrici.
Ma l’interesse per fonti alternative di proteine ( e non solo) per l’alimentazione animale è espresso anche dalla zootecnia convezionale, che sempre di più deve fare i conti con la necessità di divenire un po’ più circolare e gravare meno su terre lontane, spesso di recente deforestazione e sistemi colturali ormai indifendibili e guardare di più ai sottoprodotti, a fonti locali e che meno necessitano di fertilizzanti ed interventi costosi in termini di energia, di chimica e di euro, nonchè di impatto su clima e ambiente.
Nello spazio di creatività che si è quindi aperto c’è chi si è rimesso a coltivare il lupino, chi ha rivalutato il pisello, chi si è accordato con un pastificio per utilizzarne i sottoprodotti… e chi si è messo i guanti e provato a lavorare sull’ortica.
Esperienza di un allevatore francese, corroborato dalla validazione scientifica dell’ITAB, ed ecco che risulta interessante coltivare le ortiche (soprattutto dove crescerebbero già da sole), ovviamente in bio. Considerando il vantaggio di una coltura perenne, che dopo le prime fasi di messa a dimora e di stabilizzazione ha bisogno di poco, e lo sfalcio può essere utilizzato da affienato o da essiccato e quindi distribuito come foraggio o come parte del mangime.
Le analisi hanno confermato che, a seconda del momento dello sfalcio, l’ortica contiene dal 15 al 30% di proteina, quindi meglio se sfalciata in anticipo, in modo da privilegiare proprio la proteina sulla fibra. E tale proteina contiene una buona dose degli aminoacidi più difficili da fornire agli animali, oltre che una fibra di buona qualità.
Le prove di alimentazione sono state svolte suinetti sotto i 15kg (in crescita e quindi con maggiore necessità di proteina) e su animali adulti. In entrambi i casi gli animali hanno mostrato di gradire il nuovo alimento, che probabilmente i loro progenitori liberi di vagare nei boschi, avevano già assaggiato.
Analoga prova con i polli da carne ed anche in questo caso buona accettazione da parte degli animali e interesse dell’allevatore che può anche risparmiare sul mangime, si consideri che sul costo di produzione dei suini il 70% è dovuto all’alimentazione. Altra cosa interessante è utilizzare i propri terreni per una coltura diversa e a basse esigenze di input.
In attesa di conoscere l’effetto sulla qualità delle carni, date un’occhiata al video: https://youtube.com/watch?v=ye_0mkddeTo