Il paradosso del fosforo: ne abbiamo poco e continuiamo a sprecarlo, inquinando!
di Cristina Micheloni
Il fosforo, quello che appare come “P” nelle etichette dei fertilizzanti, è un elemento essenziale per lo sviluppo delle piante, dall’effettuare la fotosintesi a trasferire l’energia e costruire le proteine. Nel corpo degli animali (umani inclusi) è fondamentale per la costruzione dello scheletro e per la stragrande maggioranza dei processi che ci tiene in vita.
Stime riportano che senza utilizzo di fosforo da miniera, con l’attuale sistema agricolo ed alimentare, si riuscirebbe a sfamare un quinto della popolazione mondiale.
Quindi fuor di dubbio che il fosforo ci serve!
In agricoltura convenzionale il fosforo viene abbondantemente distribuito sotto forma di perfosfati che utilizzano il fosforo estratto da miniera. Il problema di cui l’Europa si sta rendendo conto è che tutte le fonti di fosforo, le miniere, stanno in Cina, negli Stati Uniti ed in Nord-Africa. Ci sono delle produzioni aneddotiche in Finlandia ma in buona sostanza dipendiamo dagli altri continenti e siccome le riserve si stanno esaurendo è ben probabile che chi possiede le miniere si tenga il fosforo o lo venda a caro prezzo.
Tanto per chiarezza: il 90% del fosforo estratto va alla produzione di fertilizzanti, quindi gli altri settori ne usano di gran lunga meno.
Ma il fosforo utilizzato nei campi diventa cibo e mangimi, nonché deiezioni, umane ed animali. E qui arriva il paradosso: tutte le deiezioni, lo scarto alimentare e i resti degli animali sono ricchi in fosforo, tra l’altro in forma organica, che è anche più utile in agricoltura, ma in larghissima parte non viene recuperato, bensì diventa un inquinante che, quando arriva al mare causa eutrofizzazione e danneggia gli equilibri marini. Quindi lo comperiamo, lo sprechiamo e inquiniamo.
Che fare?
Come al solito la soluzione non è una ma un insieme di strategie e azioni, che cominciano da valutare se davvero e quanto fosforo ci serve nei campi, considerando non la quantità totale ma quella disponibile per le piante.
Poi bisogna iniziare a rendere maggiormente disponibile quello che c’è, tramite l’incremento dell’attività microbiologica del suolo. È vero che si possono comperare i microrganismi e le microrrize e distribuirli ma molto più lungimirante e risolutivo è gestire il terreno con intelligenza, evitando lavorazioni pesanti e apportando quanta più sostanza organica possibile.
Poi… riciclare! Riciclare le deiezioni animali in campo, in modo intelligente e non come smaltimento di costoso rifiuto e riciclare attraverso la produzione e l’uso di fertilizzanti organici, dove il fosforo deriva sia dalle deiezioni che dai residui dei mattatoi.
Poi la grande fonte, non solo non utilizzata ma anche causa di seri problemi ambientali: le deiezioni umane e i fanghi di depurazione di diverse attività antropiche. Le microalghe ad esempio sono in grado di depurare le acque e fissare gli elementi nutritivi, tra cui il fosforo, nella propria biomassa, che poi può essere utilizzata come fertilizzante.
Esiste già un processo per separare il fosforo dalle acque di risulta degli impianti di depurazione, se ne ricava il fosforo sotto forma di struvite.
Insomma il riciclo deve diventare il cardine di una strategia di cui l’uso razionale è l’altro pilastro. E più il riciclo è semplice e di prossimità, meglio è, sia in termini ambientali che economici.
Di fosforo buona parte dei nostri terreni ne hanno in abbondanza, grazie alle laute concimazioni di decenni, ne è prova il grado di eutrofizzazione dell’Adriatico.
Iniziamo coll’evitarne la perdita e col metterlo in circolo!
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