Dalla puntata del 16 maggio di Vita nei Campi, di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia. L’intervento di Cristina Micheloni, qui puoi sentire l’intera puntata clicca l’intera puntata del programma.
Quando si parla di agroecologia, di equilibrio ecologico, di servizi ecosistemici le immagini che si affacciano nella nostra mente sono quelle di un campo di patate, di un frutteto, di una distesa di cereali con evidente infrastruttura ecologica costituita da siepi, ben che vada ad un vigneto in collina dove ancora si mantengono qualche muretto a secco e qualche albero.
Però anche in un sistema relativamente chiuso e intensivo come una serra o un tunnel, dedicati alla produzione di ortaggi, valgono e contano, anche in termini di euro, le regole dell’ecologia.
Infatti anche sotto le campate delle serre diversificare le produzioni fa rima con la prevenzione di patogeni, parassiti e malerbe, ancor più agguerriti proprio perché il sistema tende velocemente alla sovra-semplificazione. Ecco, dunque, che in agricoltura biologica anche in serra è obbligatoria e imprescindibile la rotazione delle colture, alternando a solanacee e cucurbitacee non solo le composite (insalate, radicchi e cicorie) ma anche dei cereali e delle leguminose.
Visto il costo del metro quadro dentro le serre ciò può sembrare un doloroso spreco, ma a conti fatti su qualche anno di produzione l’effetto sul suolo e sulla salute delle piante si compensa, sotto forma di produzioni migliori in quantità e qualità, meno interventi e terreno che anno dopo anno, anche nelle difficili condizioni indoor, incrementa la propria fertilità e con essa la capacità di produrre bene e tanto.
Vale la pena però affinare ancor di più le tecniche e pensare a vere proprie colture di servizio, come sovescio, quindi su tutta la superfice coperta, ovviamente nei periodi in cui non ci sono le colture, oppure come fascie inerbite/fiorite alternate alle colture e presenti in contemporanea.
Si consideri che spesso nelle serre il periodo “libero” durante il quale approfittare per far crescere un sovescio è l’estate, quindi si debbono considerare le alte temperature ed il fabbisogno di acqua, insomma c’è qualche complicazione, o meglio qualche sfida, in più rispetto al pieno campo.
Se si opta per le fascie inerbite che accompagnino le produzioni estive, bisogna pensarci adesso e organizzare di conseguenza spazi e sequenze.
Ma vediamo qualche esempio di coltura di servizio che ben serve l’orticoltura in tunnel..
La crotalaria, una bella leguminosa che ben sopporta il caldo ed il secco e si sviluppa velocemente, apporta azoto e repelle i nematodi ed ha anche una moderata azione competitiva nei confronti delle malerbe; la facelia, molto bella anch’essa ed apprezzata dai pronubi, medio il suo contributo al riciclo dei nutrienti così come la capacità di competere con le malerbe; il miglio perlato, un cereale a rapida crescita e innata tolleranza al caldo ed alla siccità, con un’azione soppressiva nei confronti dei patogeni terricoli ed estremamente competitivo verso le malerbe; il rafano, un vero e proprio biofumigante in grado anche di attrarre i pronubi, repellere i nematodi e competere con le infestanti.
Come al solito: più si mescolano specie diverse meglio è e nel caso delle strisce fiorite si può davvero esagerare includendo anche specie a fiore che prolunghino e diversifichino la fioritura. Includere anche le così dette “piante-banca”, dove il capitale depositato è costituito dal “cibo” degli insetti utili generalisti (quelli dalla dieta un po’ meno selettiva), come i parassiti degli afidi è una saggia operazione finanziaria.
Ma quanto spazio dedicare alle colture di servizio?
Va trovato un equilibrio tra effetto agroecologico e costo (inteso come mancato reddito). Se c’è lo spazio per un sovescio tra le colture principali è più semplice, altrimenti, nel caso delle fasce inerbite, distribuire le aree di servizio ecologico andando ad usare un 2-3% della superfice. In tutti i casi è un investimento a zero rischio ed alta redditività.