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Dalla puntata dell’11 luglio di Vita nei Campi, di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia, l’intervento di Cristina Micheloni, Qui puoi sentire l’intera puntata del programma.

Non si capisce perchè, però il fatto che in un documento strategico della Commissione Europea (la Strategia Farm to Fork) ci sia scritta nero su bianco, l’ambizione ad arrivare al 25% di SAU bio entro il 2030 ha scatenato in alcuni un’irrefrenabile necessità di esternare quanto ciò sia irrealistico e persino inopportuno.

 Evidentemente la capacità di lettura di costoro si è esaurita al numero, il 25% appunto, giacchè il documento strategico molto chiaramente spiega il perchè di tale obiettivo (capacità di cogliere più benefici ambientali in un colpo solo), spiega e dettaglia anche che non è l’unico degli obiettivi, infatti ben più complesso è forse raggiungere la riduzione del 50% dell’uso dei fitofarmaci pericolosi, o la riduzione del 20% dei fertilizzanti oppure ancora la riduzione del 50% di antimicrobici ad uso zootecnico in tutto il resto dell’agricoltura.

Il tutto entro il 2030.

Quindi la strategia prevede che la necessaria svolta ecologica dell’agricoltura europea si attui su un gruppo ristretto di biologici (puntando al 25% di Sau appunto) ma, attraverso altre misure, anche sul restante 75%, che magari non applicherà l’insieme delle pratiche virtuose che caratterizzano il bio ma almeno alcune, o altre, ma in tutti i casi:

“tutta l’agricoltura deve diventare più ecologica”

Come fare? Sempre all’attento lettore di cui sopra, non sarà sfuggito come le 22 pagine (in inglese, tradotte in italiano sono un po’ di più) della strategia F2F non si limitino affatto a quantitificare gli obiettivi, ma diano già una prima descrizione delle leve che la Commissione intende pigiare per realizzare il tutto: grande rilevanza al sistema della conoscenza, quindi investimenti in ricerca, innovazione, formazione e consulenza e non solo ad agricoltori e tecnici ma anche a trasformatori, rivenditori e chiunque coinvolto nel settore agro-alimentare; uso dei dati e politiche basate sui dati; formazione dei consumatori su stili di vita più sostenibili che sono anche più sani; investimenti solo nei settori evidentemente sostenibili; politiche internazionali che evitino di “spostare i danni” in altri continenti e la competizione sleale. 

Se poi si vuole leggere anche qualche documento in più, si può andare al Piano d’Azione Europeo per il Biologico, dove c’è bella chiara la strategia su come arrivare, paese per paese, almeno (sottolineo: almeno) al 25% di SAU bio. Anche qui la parola chiave è strategia e non misure singole, la conoscenza e l’informazione come chiave e l’alleanza o collaborazione tra agricoltori, trasformatori, consumatori e enti pubblici un pre-requisito.

In Italia partiamo da un quasi 16% di SAU bio, nel nostro piccolo FVG, passare dall’attuale quasi 7% al 25% in 9 anni è possibile ma bisogna da subito avere una strategia.

Appunto: sempre strategia.. ma che significa?

Significa, ad esempio, usare il PSR per sostenere le aziende in transizione e con potenzialità di crescita nel bio, ma anche mettere in correlazione l’attuale elevata richiesta di bio regionale da parte della ristorazione collettiva (scuole in primis) con la produzione o meglio con l’aggregazione della produzione e dove l’aggregazione non c’è costruirla.

Usare il fatto che il FVG è una delle principali regioni per consumo di bio e fare in modo che buona parte di quel bio sia regionale… come?

Di nuovo aggregazione, strutture condivise e tanta “cultura” e “conoscenza”, anche, ad esempio per fare colture ad oggi poco conosciute, come i ceci o altre leguminose, e per spiegare a chi gestisce le mense che mangiare bio significa anche variare il menù a seconda delle stagioni e delle disponibilità.

Abbiamo sull’uscio, in Austria, un esempio brillante, un paese che è già oltre il 26% di SAU bio prima ancora che ci fosse la strategia europea. E questo 26% non è costituito da soli pascoli (che, per altro, fossero futti forieri di latte bio e vacche sui pascoli alpini, non sarebbe affatto male!) ma anche da seminativi, orticole, frutticole e viticoltura, con la regione di Vienna come punta di diamante di consumo ed anche di produzione bio.

E come hanno fatto?

Strategia… capacità di far agire all’unisono agricoltura, salute, educazione, ricerca e pianificazione.

Il bello è che tutto ciò sarebbe un benefico esercizio di metodo utile a tante altre cose!

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