Dalla puntata del 10 ottobre 2021 di Vita nei Campi, di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia, l’intervento di Cristina Micheloni. Qui puoi sentire l’intera puntata del programma.
Il tempo della semina del frumento si avvicina e con esso la necessità di decidere che cosa seminare, per che destinazioni e mercati e, di conseguenza come agire dal punto di vista agronomico.
Da un lato la produzione per uso “panificabile” è interessante per il maggior valore economico, dall’altra la consapevolezza che i nostri areali non sono particolarmente generosi su queste tipologie di colture e la necessità di essere assai più precisi sia nella gestione della coltura che nella raccolta e nel post-raccolta.
Ma vediamo nella pratica che cosa può scegliere di seminare un bravo agricoltore biologico friulano:
1) le varietà standard, sempre ricordandosi di verificare la disponibilità di semente bio o, in caso contrario, di semente non trattata. Fondamentale l’esperienza pregressa specifica sul territorio, ovvero considerate come sono andati gli scorsi anni, nella consapevolezza che le varietà più moderne non sono state selezionate per sistemi agricoli biologici, quindi hanno esigenze nutrizionali (azoto e non solo) e sensibilità verso patogeni e parassiti che ne rendono non semplice la coltivazione in bio.
2) varietà recenti ma selezionate per la tolleranza ad alcuni patogeni, come la ruggine o la carie. Interessanti per il bio ma bisogna valutare anche le altre caratteristiche.
3) vecchie varietà, termine abusatissimo che è divenuto quasi solo uno slogan commerciale. Comunque parliamo di cose come il Gentil Rosso o Autonomia B o altre varietà che hanno un secolo e più di storia, che sono comunque geneticamente identificabili e come tali vanno conosciute e moltiplicate. Anche se sono antiche non significa che vadano bene ovunque e che si adattino a tutto!
4) infine il gruppo più innovativo, detto materiale eterogeneo, perchè non è una varietà ma una popolazione o un insieme di incroci, talvolta anche molto complessi. L’essenziale è che mantenga molta diversità al proprio interno, cosa che permette di evolversi a seconda delle condizioni locali e quindi adattari al luogo di coltivazione, ai metodi e anche al clima che cambia. Sui materiale eterogenei ci sarà un’importante apertura con l’entrata in vigore del nuovo regolamento bio europeo dal primo gennaio 2022.
C’è poi la questione delle proteine.
Fare proteine in bio, essenziali per la qualità panificatoria, è un po’ più difficile che in convenzionale… o meglio: si deve lavorare di prevenzione, quindi arrivare alla semina del frumento con un terreno già fertile grazie alle colture precedenti, sovesci inclusi, e usare la fertilizzazione alla semina e di copertura solo per il “tocco finale”. Insomma non pensate di risolvere tutta la questione con i pellettati alla semina o in copertura.
Un’altra considerazione molto biologica: ma è la pianta del frumento che deve adattarsi alle esigenze del panettiere o è il panettiere che, se è bravo, sa adeguare la propria bianca arte alla farina che si trova tra le mani e che, come è naturale, cambia di anno in anno e di zona in zona?
Qualche ragionamento in più su epoca e densità di seme disponibile qui: https://www.aiab.fvg.it/…/10/B-SEM-14_21-06-10-21-1.pdf