Dalla puntata del 27 marzo 2022 di Vita nei Campi, di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia, l’intervento di Cristina Micheloni. Qui puoi sentire l’intera puntata del programma.
Che la situazione globale sia preoccupante non c’è dubbio, che sia necessario trovare misure rapide per far fronte ai pesanti squilibri commerciali ed energetici che ne conseguono anche… ma che diventi un’occasione per buttare alle ortiche quel minimo di sterzata alle politiche agricole europee verso sistemi di produzione, trasformazione e consumo più razionali e lungimiranti… no, questo si chiama darsi la zappa sui piedi o costruirsi da sè la prossima crisi economica e continuare scavarsi la fossa in termini ecologici.
Già che ci siamo: non è che per il fatto che i giornali abbiano altro con cui riempire le pagine significhi che il cambiamento climatico si è fermato ad osservare le umane vicende, continua e morde sempre di più.
Fortunatamente il Parlamento Europeo è riuscito a difendere i contentuti del F2F e della strategia sulla Biodiversità e non ha ceduto alle insistenti e reiterate richieste dei soliti gruppi di interesse (economico e per nulla agricolo) ma il margine purtroppo è stato minimo: 274 voti a favore dello smantellamento e 289 per il mantenimento, più 20 ignavi dell’astensione
Sarebbe interessante, ma non è questo il luogo, sapere chi degli eurpoarlamentari italiani e friulani ha votato per lo smantellamento… ben più di qualcuno!
Si è ceduto invece sulle EFA (Ecological Focus Area) previste dal greening, ovvero il 5% della superficie a seminativi che obbligatoriamente, nelle aziende convenzionali più grandi di 15 ha, debbono essere gestite senza uso di input quali fitofarmaci e diserbanti. Esse ora possono essere coltivate senza limitazioni.
Si tratta in teoria di 200.000 ha, a livello nazionale, che però già in parte erano coltivate a leguminose e, in buona parte sono aree davvero marginali per la produzione agricola…
quindi poco guadagno in termini di produzione e tanto danno in termini ambientali.
Tutto da valutare se su aree con basso potentiale produttivo abbia senso spendere in gasolio, fertilizzanti, diserbanti e irrigazione (sempre che l’acqua ci sia), o se il beneficio della loro rinaturalizzazione non sia anche economicamente maggiore. Ma su qualcosa bisognava cedere ai produttivisti e così le EFA sono state sacrificate.
Ma che cosa si potrebbe fare per continuare nella via della transizione verso sistemi agro-alimentari più intelligenti e lungimiranti e, al contempo, affrontare l’emergenza?
Gli esempi di pratiche agroecologiche non mancano, ma provo a descrivere due cose di cui ancora tanto si parla ma troppo poco si fa:
1) ridurre lo spreco alimentare… siamo ancora al 30%, ovvero 1 panino su 3, 2 bistecche su 6, 3 forme di formaggio su 9;
2) considerare seriamente la produzione locale dei fertilizzanti attraverso un articolato riciclo dei rifiuti.
Sul punto 1 tutti noi possiamo fare qualcosa, molto come cittadini, non solo non sprecando a casa ma scegliendo ciò che implica meno spreco a monte (prodotti già pronti, iperconfezionati ecc), sul punto 2 anche, banalmente facendo meglio la raccolta differenziata.
Ma molto possono fare gli enti locali e le industrie e con tutti i fondi del PNRR non sarebbe difficile dare un orientamento. Ecco, lì sì, nel PNRR una revisione in chiave “investimento per il futuro” vs “spesa rapida” sarebbe auspicabile.