Vacche, galline, polli e suini bio in FVG… pochi ma eccellenti!

11.07.2022

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Dalla puntata del 10 Luglio 2022 di Vita nei Campi, di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia, l’intervento di Cristina Micheloni. Cliccando QUI puoi ascoltare la puntata per intero.

 

Dopo le produzioni vegetali passiamo alle questioni animali e vediamo quanta e quale zootecnia bio c’è in regione.

In estremissima sintesi: poca ma spesso eccellente!

 

Ovvero, non abbiamo centinaia di aziende zootecniche professioniste del bio, ma qualcosa come una ventina… diverse di queste arrivano a sistemi di produzione e relativi prodotti (formaggi, uova, carne) davvero eccellenti, la cui qualità è riconosciuto non solo dal mercato locale ma anche oltre i confini regionali e nazionali. Sottolineo che mi riferisco ad allevamenti professionali di una certa consistenza, perché accanto a questi c’è anche una moltitudine di piccole realtà di zootecnia bio, che spesso utilizzano i sottoprodotti nelle produzioni vegetali.

Gli avicoli raggiungono delle punte di eccellenza sia nella produzione di uova bio, con un produttore storico che va considerato un pioniere del settore a livello nazionale, affiancato da altre aziende di più recente avvicinamento al bio. Tra le principali produzioni vanno citate quelle della carne di pollo, faraona e tacchino, tutte volte alla vendita diretta.

Che dire invece della zootecnia bio dei bovini?

Poca ma eccellente! Carne di alta qualità senza dubbio, che va sia sul mercato diretto (soprattutto a gruppi d’acquisto o altre forme organizzate che possono garantire il ritiro di tutto un animale) che su quello mediato. Il mercato diretto coinvolge soprattutto i gruppi d’acquisto ed altre forme organizzate, che possano garantire il ritiro di tutto un animale.

Più fornito è il mercato del latte, in cui abbiamo diverse aziende di buona dimensione che dispongono anche delle centrali di trasformazione del latte alimentare (quello che poi trovate anche al supermercato!) e di quelle per la caseificazione. Esistono anche diversi caseifici diretti, dove appunto l’eccellenza e la competenza dei mastri casari (in stalla così come in caseificio) sono riconosciute dai consumatori nostrani e nazionali.

Anche qualche impianto ovi-caprino, ma davvero poca cosa… peccato! Questa sarebbe infatti la tipologia di allevamento che meglio si adatta alla nostra Pedemontana ed anche alla montagna, oltre che al biologico in generale. Probabilmente i prodotti, siano essi formaggi, carne o trasformati a base di carne, non incontrano il palato di tanti consumatori, che magari li assaggiano occasionalmente ma non li ritengono un alimento abituale.

Suini? Troppo pochi!

Esiste ad oggi una sola realtà professionale, ma dotata di strutture con ampio margine di crescita e sviluppo.

Guardando al futuro, le potenzialità ci sono, ma convertire gli allevamenti “convenzionali” in bio non è affatto semplice. I punti critici sembrano essere le dimensioni in stalla ed all’esterno, che il regolamento definisce e che sono spesso difficili da realizzare, se la stalla è vicina ad altre abitazioni, proprietà altrui, o se semplicemente richiede investimenti salati per le modifiche. Queste criticità sono ancor più rilevanti poiché riguardano anche tanti allevamenti di bovini da latte.

Guardando il lato positivo però, gli allevamenti bio sono uno strumento eccezionale di gestione del territorio e sono l’unica alternativa percorribile se vogliamo continuare ad essere onnivori senza “mandare a fuoco” il pianeta. Infatti gli allevamenti bio prevedono che i poligastrici si nutrano di foraggi direttamente al pascolo, essiccati o insilati… ma insomma erba, con tutti i risvolti positivi su biodiversità e stoccaggio di carbonio che ciò comporta.

Inoltre, sempre per regolamento, una buona parte di ciò che gli animali mangiano, siano essi mono o poligastrici, deve provenire dall’azienda stessa o dalla regione e non viaggiare attraverso gli oceani. Anche questo fa una bella differenza per il clima e l’ambiente, per l’economia locale e le comunità agricole locali.

Insomma, se devo proprio fare un sogno zootecnico…

Sogno che le politiche di sviluppo locale nei prossimi anni vadano solo ad incentivare la conversione ad una zootecnia basata sulle risorse locali, sul pascolo e l’uso di foraggi e sottoprodotti alimentari, che sia strumento dello sviluppo montano e non materia di conflitto con i residenti. Produrre meno latte e carne? Va bene, mangiamone di meno ma migliore e paghiamola “il giusto”, così anche per gli allevatori sarà possibile vivere del proprio lavoro. Così finalmente anche loro potranno essere ricompensati per i propri prodotti e la propria professionalità.

 

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