Dalla puntata del 07 maggio 2023 di Vita Nei Campi di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia, l’intervento di Cristina Micheloni. Clicca QUI per ascoltare l’intera puntata.
Inutile far finta non sia così, i fondi della PAC (Politica Agricola Comune) costituiscono una parte più che rilevante del reddito delle aziende agricole, piccole e grandi. Detto ciò e senza ripetere ciò su cui, con dettaglio, ci tiene informati Marco Malison, oggi vorrei sottolineare come la nuova impostazione della PAC richieda una pianificazione e la costruzione di una strategia aziendale che non può essere demandata ai CAA o ai tecnici, ma deve essere costruita in modo assolutamente consapevole dai singoli agricoltori. E’ una sorta di abito che va cucito su misura anche se la sensazione è più quella di una partita di TETRIS, ricordate quel vecchio gioco in cui si dovevano incastrare pezzi dalle forme geometriche diverse mentre cadevano a velocità crescente?
Dal punto di vista dell’agricoltore biologico ci sono almeno (ma non solo!) due strumenti da portare in partita per quanto riguarda la retribuzione dei servizi agro-climatici: da un lato il PSR con le misure a superficie dedicate al bio, quelle riservate ai sovesci e quelle per la riduzione delle emissioni di ammoniaca di origine zootecnica (in pratica l’utilizzo razionale di letame e liquame); dall’altro gli eco-schemi, soprattutto l’Eco-schema 1, per le aziende zootecniche bio è di facile accesso, sia nella versione “base”, che prevede la semplice riduzione dell’uso di antimicrobici in stalla, cosa che gli allevatori bio fanno già per regolamento, sia nel livello “plus”, che viene maggiormente retribuito, ove è richiesto il pascolamento per almeno 60 giorni l’anno con una densità di almeno 0.2 UBA/ha. Ma anche l’eco-schema 2, che premia chi mantiene inerbite le colture arboree (vigneto, meleto, frutteti di tutti i tipi anche sotto rete anti-insetto) per almeno il 70% della superficie nel periodo compreso tra il 15 settembre e il 15 maggio. Visto che l’uso del diserbo chimico è bandito per tutto l’anno, la cosa dovrebbe risultare particolarmente agile per i frutticoltori e viticoltori bio. L’eco-schema 4 ha un nome che può fuorviare, non pertiene infatti solo i sistemi foraggeri ma quasi tutte le colture seminative e premia la rotazione, o meglio, essendo un impegno biennale, l’avvicendamento di colture leguminose e da rinnovo con colture depauperanti. Ma premia anche le foraggere estensive, se ad esempio avete un bel medicaio, per tutti i 4 anni siete eleggibili di contributo. Anche questo dovrebbe essere pratica corrente per i biologici. Infine l’ecoschema 5, che sostiene chi si impegna per creare un habitat favorevole agli impollinatori: si tratta di seminare o lasciar sviluppare un insieme di specie di interesse apistico e non toccarlo dal 1 marzo al 30 settembre. Si applica su superfici a seminativo, sono delle colture a perdere in buona sostanza, ma con focus sulla biodiversità, oppure su terreni investiti da colture arboree su cui però non si intende intervenire in alcun modo.
E l’Ecoschema 3? non ce lo siamo dimenticati, ma pertenendo gli ulivi di particolare interesse paesaggistico… verosimilmente in Regione non sarà di grande appeal.
Tanto per aumentare la suspance: le scadenze delle domande non saranno sincronizzate, nemmeno la lunghezza dell’impegno sarà la stessa, per il PSR si lavora sul quinquennio mentre per gli ecoschemi l’impegno è annuale o biennale. La regia degli ecoschemi è nazionale, quella del PSR regionale, la cifra del premio è definita per il PSR mentre per gli ecoschemi è stimata, giacchè dipenderà dal numero di domande che verranno presentate.
Infine: ci sono casistiche in cui le regole regionali sui premi a superficie rendono più remunerativo anche per chi fa bio fare la domanda sulla produzione integrata…. paradossale ma è così.
Quindi, iniziate subito a ragionare su che cosa intendete fare da qui ai prossimi 5 anni, la risposta “dipende…, dal mercato, dal clima, da che cosa vorranno fare i miei figli…” non “paga”!