Il vino, il clima e la montagna

5.06.2023

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Dalla puntata del 04 giugno 2023 di Vita Nei Campi di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia, l’intervento di Cristina Micheloni. Clicca QUI per ascoltare l’intera puntata.
Ritorno su un argomento appena sfiorato in passato e ci ritorno perché oggi ci sono maggiori informazioni e considerazioni pratiche da poter fare. Il cambiamento climatico sta ponendo seri problemi alla viticoltura nelle zone più rinomate, non solo per la siccità che sta rendendo sempre più frequente il ricorso all’irrigazione (non considerate questo periodo specifico ma guardate la cosa nella prospettiva degli ultimi 10 anni), che è qualcosa di paradossale, giacché la vite e l’olivo sono l’emblema delle colture mediterranee che mai si sarebbe pensato di dover irrigare! Ma il problema è legato anche ai picchi di calore, che inducono la vite a chiudere gli stomi, con conseguente perdita di produzione, ed ancora, alle temperature elevate che cambiano la composizione della bacca, diminuendo l’acidità, aumentando lo zucchero e di conseguenza il grado alcolico, e riducendo e mutando la complessità degli aromi. Come ci insegna il prof. Zironi, è proprio l’equilibrio tra queste componenti che costruisce l’identità e le qualità del vino e sottolineo “l’identità”, riferita al vino ed al territorio da cui proviene. Ci sono tante cose che si possono fare per affrontare la sfida, a partire dalla miglior gestione del suolo e dell’infrastruttura ecologica ma c’è anche la via di “salire in montagna”. Ciò sta succedendo in molte aree viticole europee, spesso si tratta di un ritornare a coltivare la vite e varietà abbandonate in aree che sono state viticole fino agli anni ‘80, ad esempio sui Pirenei spagnoli o nell’Alta valle del Douro in Portogallo o sulle Alpi Occidentali, come in Val d’Aosta, e ci sono interessanti casi di nuove aree di coltivazione della vite in montagna, come in Trentino ed Alto Adige, dove sfiorano i 1000m, ed anche nella nostra Regione dei pionieri si stanno già cimentando a Sappada, Forni di Sotto e nel Canal del Ferro.
Ma va sottolineato come non si tratti semplicemente di traslocare quello che si fa in collina e in pianura qualche km più su, bisogna ripensare diverse cose e costruire un modo diverso di fare viticoltura e, verosimilmente, anche un vino diverso. Ampio l’utilizzo delle varietà di vite tolleranti, ormai ce n’è una bella disponibilità provenienti da diversi centri di ricerca e vivai regionali ed europei, niente di geneticamente modificato! Ma bisogna identificare quelle che si adattano al luogo e litigare un po’ con la burocrazia. Se ci sono varietà locali, anche dimenticate, meglio considerare anche questa via e magari l’idea dell’ uvaggio piuttosto che della varietà in purezza, nel vino intendo, non per forza nel vigneto.
I territori montani sono fragili dal punto di vista ecologico quindi spero proprio a nessuno venga in mente di mettere in piedi un sistema viticolo intensivo tra boschi, prati e pascoli (pochi). Per questo motivo, ed è quello che sta succedendo in realtà, buona parte delle esperienze montane sono di viticoltura biologica e su appezzamenti limitati, frammisti ad altre coltivazioni e aree naturali. La fragilità con cui fare i conti è anche quella del suolo, spesso declive e quindi soggetto ad erosione se non ben gestito.
Guarda caso, in Trentino è evidente l’interdipendenza tra viticoltura “alta” e allevamento zootecnico familiare ed estensivo che può fornire il letame necessario alla viticoltura proprio per mantenere il terreno fertile e strutturato, capace di stoccare l’acqua necessaria alla vite, anche se spesso la profondità del suolo è limitata, soprattutto negli appezzamenti declivi. Una buona gestione del suolo, tramite inerbimenti o sovesci e limitando le lavorazioni è anche la chiave per gestire il rischio di erosione.
Il vigneto bio si giova dei luoghi ad alta biodiversità ma è anche in grado di non disturbarla. Insomma se la viticoltura sale in montagna entrando in misura contenuta e rispettosa nel tessuto agricolo esistente, può essere un’occasione per creare prodotti nuovi ed interessanti che possono dare reddito aggiuntivo all’agricoltura montana e ampliare il paniere dei prodotti locali, appeal anche per il turista ed al contempo non solo non fare danni ecologici ma diversificare ulteriormente la gestione agricola. Se tutto ciò possa mantenere ed addirittura riportare popolazione attiva in montagna è tutto da scoprire, i fattori sociali ed economici sono spesso più difficili da prevedere di quelli ecologici!
Qualche info in più su agricoltura, non solo viticoltura, e montagna: https://www.moving-h2020.eu/
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