Legumi da granella, uno strano per cominciare: il fagiolo azuki

26.09.2023

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Dalla puntata del 24 settembre 2023 di Vita Nei Campi di Rai Radio 1 del Friuli Venezia Giulia, l’intervento di Cristina Micheloni. Clicca QUI per ascoltare l’intera puntata.
Cominciamo quindi, come annunciato, la rassegna delle leguminose da granella per uso umano, roba che mangiamo noi, non le galline, e che si coltivano o si possono coltivare in regione.
Per partire e acchiappare l’interesse, ho scelto uno tra quelli non strani ma poco usuali sulle nostre tavole e ancor meno nei nostri campi: il fagiolo azuki. Non è un fagiolo ma una vigna (come il fagiolo dall’occhio per capirci), dal nome scientifico Vigna angularis. Produce un legume piccolo e dal colore verde ma più spesso rosso bruno, tant’è che viene anche chiamato soia rossa, benché con la soia non condivida granché.
Si semina, nel nostro clima, verso fine maggio/inizio giugno ma è abbastanza flessibile. Da considerare però che, da un lato patisce temperature al di sotto dei 10°C e, come tutte le leguminose, teme il caldo in fase di fioritura. Però sia il caldo che il secco ne fermano lo sviluppo ma non uccidono la pianta (anche se talvolta sembra di sì!) che, alla prima rinfrescata riparte. Insomma una pianta fatta per resistere ai climi estremi che questi anni ci propongono. E’ piuttosto sensibile ai patogeni terricoli, quindi nella rotazione va ben distanziata da altre leguminose, la situazione perfetta è dopo una senape o altra crucifera da sovescio. Per facilitarsi la vita nel controllo delle malerbe, una falsa semina è buona norma, quindi consideratela nella tempistica della gestione del sovescio.
La pianta rimane abbastanza esile e, soprattutto nelle prime fasi di sviluppo, ci mette un po’ a coprire il terreno, quindi bisogna seminarla a file e poi non stancarsi di strigliare prima e sarchiare poi, e nemmeno tirarsi indietro per qualche scerbatura localizzata. Ovvio che in agricoltura convenzionale si usano gli erbicidi, ma qui non li consideriamo un’opzione, tra l’altro non credo esistano erbicidi registrati su questa coltura.
Non ha esigenze di fertilizzanti se il terreno ha una buona dotazione organica ed è ben drenato (in modo da consentire una buona vivacità). Essendo una leguminosa si arrangia per l’azoto con i propri alleati microbici. Anche nei confronti dell’acqua, è piuttosto parca ma un po’ di disponibilità migliora la produzione e facilità la sincronicità di maturazione dei baccelli.
Si raccoglie già secco verso inizio settembre ma la maturazione è appunto piuttosto scalare, cosa che complica un po’ le cose. Infatti con una normale trebbia si rischia di perdere il primo palco e portare a casa troppo materiale verde, meglio procedere in due tempi, estirpando prima le piante, lasciandole asciugare in andane per qualche giorno (come si fa con gli arachidi) e poi proseguendo con la trebbiatura. Se la coltivate nell’orto o comunque su una superficie limitata potete fare tutto a mano.
Come si usa? È molto popolare in Giappone, dove viene usato anche per la preparazione di marmellate e dolci. Sono considerati un vero e proprio toccasana, sia per il buon 20% di proteine che contengono ma anche perché più digeribili degli altri legumi, per il contenuto in fitoestrogeni e quello in molibdeno e acido folico. Per Cinesi e Giapponesi portano pure fortuna!
Ma da noi? Si coltivano da un paio di anni in quel di Sesto al Reghena e se volete assaggiarli approfittate delle giornate del bio, ovvero oggi, per sperimentarli sotto forma di gelato a Udine, ti tempeh a Moruzzo e dessert a Pordenone. Oppure, se siete corti d’inventiva, usateli come i fagioli comuni. Hanno una buccia molto morbida che non si stacca dalla parte amidacea… molto buoni e vellutati!
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