Lo diamo per scontato e per cittadino friulano da sempre, il fagiolo propriamente detto, però, è arrivato in Europa dal Perù (dove veniva coltivato dal 5000 a.C.) verso la metà del 1500, trasformandosi da coltura tropicale a coltura adatta ai climi temperati europei e diversificandosi in una miriade di tipologie, diverse per forma, colore, caratteristiche della pianta e, quindi, adattabilità ai diversi territori. La storia dell’introduzione del fagiolo in Europa ed in Italia è assai avvincente, si pensi che per secoli il fagiolo di Spagna venne usato solo come ornamentale, essendo rampicante ben si adattava a decorare con i bei fiori terrazze, pergole e dehor.
In Italia il fagiolo ha iniziato ad avere un certo successo di coltivazione ed utilizzo solo nel 1800, scalzando i “vecchi fagioli”, ovvero le vigne, ceci, fave e lenticchie grazie alla di gran lunga maggiore produttività. In Francia divengono cibo comune, per le classi meno abbienti, con la Rivoluzione. In Italia un ruolo fondamentale nell’introduzione del fagiolo lo ha svolto Papa Clemente VII, che essendo Toscano, era un de Medici, lo promosse inizialmente nella sua Regione. Ma ne regalò pure un sacco a Pietro Valeriano, canonico bellunese, da cui deriva la tradizione dei fagioli di Lamon. Questo primo sacco di fagioli diede vita ad un’economia molto fiorente per tutta la pedemontana Veneta. Ma anche l’area montana e pedemontana Friulana non ha scherzato affatto, basta dare un’occhiata alle tante e belle varietà sulla cui caratterizzazione e conservazione ha lavorato la Banca del Germoplasma Autoctono del FVG, gestita da UNIUD, che si possono conoscere anche attraverso il sito di ERSA.
Nel fagiolo la diversità è, fortunateamente, amplissima, il genere Phaseolus L. comprende una settantina di specie, quelle coltivate in Europa derivano principalmente da 3 di esse: il fagiolo comune (Ph. vulgaris), il fagiolo di Lima (Ph. lunatus) e il fagiolo di Spagna (Ph. coccineus). In queste settimane sta avvenendo la raccolta delle tante varietà, ecotipi e miscugli coltivati in Friuli VG ed è un vero piacere per gli occhi, per il gusto e per l’intelletto!
I principali produttori mondiali di fagioli sono: India con 6 milioni di ton, Birmania, quasi 5 milioni di ton, seguiti da Brasile, USA, Cina. In Italia se ne producono 12 mila ton ma se ne consumano molti di più, con un 90% circa di importazione. Nella nostra Regione la produzione è pressochè anedottica in termini di quantità.
Di come si mangia il fagiolo credo non serva dire nulla, solo ricordare che alla “categoria” appartiene anche il fagiolo mangiatutto, ovvero cornetto, fagiolino o, per capirci, uaines. Recenti sondaggi ci mettono in luce un aspetto da tener presente: l’Italiano mangia fagioli solo se altamente processati. Che vuol dire? Se li compera già puliti cotti e pure conditi, in tali condizioni sapere da dove vengono, chi li ha coltivati e come è difficile e forse nemmeno gli interessa.
Tanto per continuare a picconare i luoghi comuni: la coltivazione consociata di mais e fagioli, ovvero dei fagioli che si arrampicano sul mais che funge da tutore… con tutti i mutui benefici in termini di azoto, controllo malerbe, riduzione infestanti e via andare…. Non è invenzione friulana ma pratica comune nelle Americhe diverse centinaia di anni prima. Allo stesso modo, un qualche tipo di polenta di mais e fagioli erano comuni sui deschi americani ben prima che sulle tavole friulane.
Non abbiamo ancora detto nulla sulla coltivazione, ma il fagiolo merita una seconda puntata!